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COME FOTOGRAFIAMO |
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In Fotografia, a differenza della pittura, l'effetto della luce non sempre può essere guidato, almeno di non lavorare in studio; sarebbe una presunzione pensare di padroneggiare completamente la luce e soprattutto gli effetti che essa genera sul sensore/pellicola.
Vilèm Flusser evidenzia come, mentre in pittura è solo l'uomo ad elaborare i simboli dell'immagine, nella sua testa, per poi trasferirli per mezzo del pennello sulla superficie, nel caso delle fotografie (immagini tecniche) non è così semplice. In questo caso, infatti, tra l'immagine ripresa e il significato riportato, oltre al fotografo, si inserisce un altro fattore, ovvero la macchina fotografica. "Il flusso del significato sembra entrare nel complesso (operatore/fotocamera) da un lato (input) per uscirne dall'altro (output); lo svolgimento stesso, ciò che avviene all'interno del complesso, rimane nascosto: si tratta quindi di una black box." (1)
Franco Vaccari lo chiama inconscio tecnologico e nell'introduzione a "Fotografia ed inconscio tecnologico", Roberta Valtorta scrive: "Sia Vaccari sia Flusser danno un colpo di spugna all'esistenzialistico "momento decisivo" definito da Henri Cartier-Bresson come l'essenza della fotografia (...) secondo il quale il fotografo è in grado di padroneggiare completamente la macchina piegandola espressivamente alla sua visione."
Quindi, più che un semplice "disegnare con la luce", definirei la Fotografia come...
un saggio saper cogliere le interazioni, anche accidentali,
della luce sopra, intorno e attraverso i soggetti ripresi.
Davanti alla macchina fotografica soggetti opachi, riflettenti o trasparenti e, su essi, l'azione della luce che talvolta può essere sorprendentemente interessante.
Questa non precisa conoscenza degli effetti che la luce genera quando arriva sul sensore/pellicola, questo momento "oscuro", questa non plasticità dell'apparato fotografico, fa sì che le immagini fotografiche non siano oggettive, ma simboliche e la fotocamera non un mezzo di mera riproduzione della realtà, ma uno strumento d'arte.
Quindi la priorità è sottolineare di quanto sia importante concentrare il nostro operare sul "come" fotografare (oltre che sul "cosa" si fotografa), tenendo presente che questo "come" dipende sicuramente dalla nostra attrezzatura, ma prioritariamente dalle nostre idee.
"Per avere una bella foto non ha nessun senso cercare di fotografare una cosa bella; è più facile ottenere una brutta foto di una cosa bella piuttosto che il contrario e oltretutto fotografare cose ritenute "stupende" ci porta spesso a ottenere foto banali. La "bellezza del mondo" non necessariamente resta impressa nella foto; con l'aprirsi e il richiudersi dell'obiettivo, la bellezza non rimane trattenuta automaticamente. Si fanno tanti sforzi per Trovare e Vedere, pochi per Osservare e quasi nessuno per Dare a Vedere. Dovremmo parlare di "Punto di Vista" e di ciò che ogni società, sottogruppo e individuo include nelle categorie "bello" e "brutto" e, ammesso che il canone della bellezza fosse unico, la bellezza delle cose del mondo è diversa dalla bellezza di un'immagine. E' difficile comunque definire cosa sia una cosa bella: fatti, luoghi, persone, oggetti, animali, piante, edifici "non sono belli di per sé" perché non esistono finché uno "sguardo" - fotografico nel nostro caso - li inserisce nel "frame dell'attenzione", circoscrivendoli e focalizzandoli. Il "punto di vista" è l'importante, perché crea la notizia, coglie composizione e luci, e' quello che ci porta a selezionare uno scatto piuttosto che un altro, a post produrre in un modo piuttosto che in un altro. E' quello che "guarda", ma anche quello che "vede", dove altri "non vedono", quello che osserva, sceglie e dà a vedere." (2)
In fotografia anche per rappresentare qualcosa di immateriale, devo obbligatoriamente partire da qualcosa di materiale, una situazione, uno o più soggetti reali. L'esercizio, apparentemente complesso, è simile, anche se opposto, alla scrittura dove, utilizzando qualcosa di immateriale, le parole, si cerca di rendere l'idea e le sensazioni di una situazione reale. Una foto, per raccontare una percezione dei sensi, deve essere pensata, cercata e costruita. Occorre uno studio, una semantica delle forme in cui i soggetti reali posti davanti alla fotocamera devono superare e trascendere il loro intimo significato fino a divenire parole del testo fotografico. Non è poi così difficile se partiamo dal concetto che la Fotografia non è la rappresentazione della realtà, ma una sua interpretazione, un "dare a vedere" il reale. Apro finestre sullo sguardo del cielo e resto in ascolto sul respiro del mare.
L'ethos della fotografia sembra più vicino a quello della poesia modernista che a quello della pittura. Se la pittura è diventata sempre più concettuale, la poesia si è sempre più definita come attività interessata al visivo. La dedizione della poesia alla concretezza e all'autonomia del linguaggio poetico è parallela alla dedizione del fotografo alla pura visualità. Entrambe comportano discontinuità, forme disarticolate e unità compensatoria: strappare le cose dal loro contesto (per vederle in modo nuovo)e metterle insieme secondo le esigenze della soggettività. (3)
La forza di una fotografia (come quella della poesia) è nel conservare, passibili di indagine, momenti che il normale fluire del tempo sostituisce immediatamente.
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